L’accordo siglato al Mi.S.E. è chiaro e non lascia spazio a interpretazioni, sia quando fa riferimento alla procedura di mobilità, stabilendo il criterio di ” non opposizione”, sia quando interviene definendo le modalità per la cassa in deroga, sia quando individua gli impegni in capo a Ideal Standard su come favorire BPI e trovare soluzioni occupazionali per i lavoratori del sito.
Ma l’accordo, chiaro nel suo impianto complessivo, non pare altrettanto chiaro per Ideal Standard che, dopo averlo sottoscritto, cerca di reinterpretarlo in modo unilaterale con l’intento di minare alle fondamenta la tenuta dell’intesa. Aver sospeso i rapporti con BPI, con l’illusione di condizionare la trattativa in corso con il sindacato, è un atto gravissimo e scorretto.  Un comportamento assurdo aggravato dalla pretesa di voler financo stabilire in modo del tutto arbitrario, e con la minaccia di far saltare l’accordo, i termini entro i quali imporre la chiusura della procedura di mobilità. Termini, peraltro, che non trovano alcun riscontro nell’intesa concordata  al MiSE.  Così come risulta  sbagliato e pericoloso  il tentativo aziendale di sostituire gli incontri ufficiali con inutili scorciatoie mediatiche.
Insomma, siamo in presenza  di un ulteriore colpo di scena che si somma a quello, non meno grave, di quando la direzione abbandonò il tavolo ministeriale. Una operazione quindi sbagliata nel metodo perché acuisce il conflitto e la tensione, una forzatura inaccettabile e inopportuna poiché la direzione poteva convocare il sindacato, che peraltro aveva già richiesto un incontro prima,  così da comunicare in quella sede la propria eventuale posizione.
Insomma, siamo di fronte alla solita azienda inaffidabile, concentrata unicamente  su come licenziare i propri dipendenti  dando la netta sensazione di considerare poco gli altri punti che interessano l’intesa. L’accordo siglato al Mi.S.E. sta dentro un quadro di reciproche convenienze che garantiscono certezze per tutti i soggetti firmatari: il sindacato ne rivendica la totale applicazione, perché questa rappresenta  il punto di equilibrio di una trattativa lunga e sofferta.
Confermiamo quindi l’accordo, così come confermiamo il diritto dei lavoratori a pretendere che lo stesso sia rispettato in tutte le sue parti. Riteniamo altresì che sia possibile raggiungere un accordo, anche prima dei tempi previsti dall’azienda, purché il management  si convinca di sedersi al tavolo con l’idea di discutere seriamente di tutti i punti dell’intesa,  non solo di quelli che interessano la propria parte.
Se poi l’azienda, a distanza di soli 10 giorni dalla firma, ha cambiato idea, forse è il caso che lo dica con chiarezza e non cerchi inutili e ridicoli pretesti. D’altra parte non sarebbe la prima volta che si prende gioco dei lavoratori, del sindacato e delle istituzioni.
Se invece è intenzionata a confrontarsi e a discutere seriamente  allora bisogna che eviti di nascondersi dietro le seconde linee; eviti ulteriori perdite di tempo  e risponda, tempestivamente, alla richiesta d’incontro avanzata giorni fa dal sindacato: le trattative non si fanno per corrispondenza.
Le trattative si fanno confrontandosi nel merito  e mettendoci la faccia, ciascuno per le responsabilità che rappresenta.
 Franco Rizzo