Ha ragione il vicedirettore del “Messaggero” a sostenere che la vicenda di Ideal
Standard non riguarda solo la provincia di Pordenone, ma investe l’intero assetto
industriale della Regione nel quale vi sono altre situazioni a rischio, a cominciare
dalla Ferriera di Trieste. Non si può pensare di affrontarle ad una ad una, quando le
crisi sono conclamate e gli strumenti per affrontarle, quando ci sono, sono
inevitabilmente ridotti all’osso. Per questo abbiamo a lungo sollecitato la passata
amministrazione ad affrontare i temi delle politiche industriali, dell’orientamento del
sistema produttivo, di una rivisitazione delle specializzazioni, del dimensionamento
delle imprese, della necessità di incentivare l’ innovazione di processo e di prodotto.
Sia chiaro: non intendiamo imputare la responsabilità della decisione inaccettabile di
chiudere lo stabilimento di Orcenico ad altri se non alla proprietà che non ha
rispettato gli accordi, non ha tenuto conto degli sforzi delle amministrazioni, della
disponibilità del Sindacato a individuare forme di flessibilità che venissero incontro
alle esigenze della produzione, dei sacrifici e dell’impegno dei lavoratori. Un
“tradimento” che inevitabilmente avrà riflessi sulla natura e le modalità degli accordi
territoriali: che senso ha sottoscriverli, accettando, per garantire la produzione,
condizioni difficili per il sindacato e dure per i lavoratori se poi tutto svanisce nel
nulla. D’ora in poi essi dovranno essere accompagnati da precisi e stringenti impegni
e da piani industriali strutturati. Il problema non si risolve con le buone intenzioni, né
richiamando i documenti nazionali di Confindustria o affermando la necessità di
riforme strutturali. Per i lavoratori è aria fritta: servono interventi qui ed ora.
Condividiamo perciò la richiesta dei segretari generali di Cgil, Cisl, Uil di Pordenone
che chiedono una ripresa del confronto sul tavolo nazionale con il rientro della
proprietà dalla chiusura: una posizione condivisa anche dai segretari delle categorie
nazionali dei chimici. Dunque, siamo tutti nella stessa barca e tutti devono remare
nella medesima direzione. In questa prospettiva alla Regione chiediamo di istituire
una “unità di crisi” che affronti le situazioni a rischio in Regione attraverso la
condivisione di informazioni, idee, proposte che istituzioni e parti sociali sono in
grado di esprimere tenendo assieme il quadro nazionale e quello locale. Solo in
questo modo potremo recuperare oggi quella “cultura d’impresa” di cui il
vicedirettore del “Messaggero” paventa l’estinzione.
Franco Belci Giovanni Fania Giacinto Menis,
segretari generali di
Cgil- Cisl- Uil FVG
Bene l’impegno dei sindacati, ma vogliamo vedere i politici in prima linea (anche se hanno già fatto tanto), non possiamo permetterci di far prevalere la rassegnazione alla voglia di lottare. Organiziamo un sit-in con le famiglie davanti la regione. Non siamo solo 500 persone ma di più.